martedì 1 gennaio 2013



Reale, razionale, irrazionale
Tutte le cose sono numero: senza questo, niente sarebbe possibile pensare, né conoscere: esso è il principio di tutte le cose”. Pitagora di Samo, VI sec.  a.C. Era il numero “puntiforme”, intero o decimale, percepibile dai sensi, sul quale fondò un nuovo sapere, l'”aritmogeometria”: ricavare le forme delle figure geometriche e le loro relazioni dai numeri. E quale  sgomento lo scoprire che proprio grazie al suo teorema si apriva un abisso profondo, incomprensibile per la mente: l'esistenza di “lunghezze” non misurabili, come la diagonale del quadrato, che può essere pensata solo come un'operazione cioè un meccanismo di calcolo (radice quadrata) cui non corrisponde nessun numero immaginabile né calcolabile. Pitagora fu prima di tutto il fondatore di una setta aristocratica, religioso-filosofica e iniziatica, dedita all'orfismo e, per alcuni studiosi, il culto orfico fu una sua creazione. Con la scoperta degli incommensurabili, tenuta nascosta perchè ritenuta inquietante e pericolosa ma poi divulgata da un adepto cacciato dalla comunità, aritmetica e geometria si separano e solo la seconda si sviluppa in Grecia, in particolare con Euclide. Il concetto di continuo e discontinuo, di infinito e infinitesimo, troverà uno sviluppo prodigioso solo alla fine del XVI secolo in Occidente. Resta tutt'ora uno dei più astrusi labirinti della ragione.
Leone

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